…dietro la nera cortina della notte, si nasconde il sorriso di un’alba.
Khalil Gibran
La magia dell’alba
SCIATU MIA in lampedusano significa fiato mio, soffio, respiro, anima mia.
In uno spazio verbale minimo, quest’espressione racchiude e condensa la forza amorosa di accogliere l’altro, di esprimere un profondo sentimento, di salutare (o’scià). Con questa stessa disposizione d’animo, ho accettato la proposta di portare le campane, su una barca che ha questo nome, a fare l’alba. Uno dei due proprietari dell’imbarcazione, un tempo subacqueo e grande conoscitore di questi fondali, è un mio amico particolarmente sensibile ad offrire, ai suoi clienti, dei momenti di singolare intensità: l’alba, il tramonto, assaporare l’isola dal mare rifuggendo le solite situazioni di inquinamento acustico a bordo. La sua è una barca d’epoca capiente, con ampi spazi e soprattutto, quasi per intero, rivestita di legno. Chi ci sale si sente avvolto da un’atmosfera d’altri tempi. Ottimo posto per lasciare che le campane facciano la loro parte, nell’accogliere il sorgere del disco di fuoco. L’invito abbastanza straordinario, mi ha influenzato nella scelta delle campane. Non poteva mancare la più grande (12Kg), a seguire le sue compagne di suono fino ad arrivare a un numero di otto, comprese le più piccole. Di supporto ho portato i cimbali e la sansula il cui tintinnio assomiglia a gocce d’acqua che cadono. Sulla vasta prua disposte su un telo giallo, scelto per l’occasione, facevano la loro bella figura e io, molto emozionata del compito che mi aspettava, gioivo internamente: che gran regalo!
…dietro la nera cortina della notte, si nasconde il sorriso di un’alba. Khalil Gibran
Siamo usciti col buio, il mare scuro e calmo, la cappa di stelle sopra di noi. Poche parole per spiegare cosa sono le campane, qual è il loro possibile utilizzo per il benessere psicofisico, cosa significa vibrazione e come il loro suono assomigli a quello che i pianeti emettono nelle alte sfere dell’universo. Il leggero vento originato dalla barca in movimento, ripuliva i pensieri, spazzava delicatamente i volti lasciando tutti vuoti, senza parola. Rotta in mare aperto verso Est, si raggiunge il punto. Motore spento, dondolio, silenzio. Il buio fitto cominciava a sfocare e la linea dell’orizzonte, sormontata da filari di grigie nuvolette, si faceva più nitida colorandosi di rosa-arancio. L’ipnosi estatica di venti persone in attesa che arrivi il momento, ha deciso l’inizio del suono. Un invito vibrazionale al Re dei Pianeti, come se lui stesso potesse udire la musica che gli si dedicava:...ancora oggi, come tutti i giorni, affacciati, riscaldaci, portaci la vita della luce e con essa l’allegria di vedere quanta meraviglia ci circonda.
L’invito al sole
Il suono delle campane permaneva nell’aria raggiungendo i corpi delle persone in osservazione e le stesse vibrazioni migravano, attraverso il pavimento di legno, sotto i piedi nudi dei presenti. Man mano che il chiarore si faceva più intenso anche i gabbiani partecipavano al festino con le loro grida. Con lo scemare del suono l’invito al sole si era concluso, bisognava attendere il momento preciso in cui lui ci avrebbe salutato. Sguardo fisso al filo dell’orizzonte. Respirare il fremito della commozione. Corpi vibranti in atte- sa….
L’affacciarsi del puntino rosso-fuoco è stato accolto dalla campana planetaria come un emozionante: buongiorno sciatu mia!
Il suono accompagnava l’ascesa del sole che prepotente modificava i colori dello spazio intorno. Un fascio argento-oro si stagliava sul mare, ci raggiungeva creando un tutt’uno con la barca. Attesa, contemplazione, risveglio: ormai eravamo nella luce!
Nella campana grande
Il passaggio arrogante dell’aereo ci ha riportati improvvisamente in una realtà che avevamo dimenticato: sansula e cimbali per addolcire il colpo. Eravamo svegli e il calore ha cominciato a sciogliere i corpi e con essi la parola e la curiosità verso le campane: chiedere, sentire, toccare con mano. Il cerchio umano si stringeva intorno alle campane: occhi brillanti e volti sorridenti che, senza chiederlo, si aspettavano qualcosa. Avevamo ancora del tempo prima di rimetterci in navigazione e allora, nonostante il basculamento, ho proposto di provare a entrare nella campana grande. La mia richiesta di aiuto, per assistere chi sarebbe entrato, è stata accolta con entusiasmo. Due persone ai lati sostenevano, sfiorando delicatamente le dita, a altre due, avanti e dietro, impegnate a sorreggere in caso di eventuale perdita di equilibrio. Nuovamente il silenzio era tornato tra noi. Non mi era mai capitato di suonare e dondolare contemporaneamente ma, anche grazie alla piacevole e serena partecipazione dei presenti, mi sentivo a mio agio e tanto sicura del risultato che ho voluto porre una campana capovolta sulla testa della persona in trattamento. È stata questa una scelta supportata dal coinvolgimento generale, perché in fondo i protagonisti erano diventati cinque: chi era dentro, chi dalle mani riceveva il passaggio delle vibrazioni e gli altri, frontale e dorsale, entrati per la vicinanza nel campo gravitazionale. In sintonia tutti assecondavano i miei spostamenti senza bisogno di parlare. Il grande sole aveva lasciato che la curiosità e la magia fosse trasmessa a un altro sole, circolare e luminoso quanto lui: la campana!
Le mie ciotole sonore
Aprire il mondo delle campane a persone che non le conoscono, è un grande passo avanti verso la percezione di universi ai più sconosciuti! L’uscita all’alba stava concludendosi e le mie ciotole sonore avevano svolto saggiamente il loro compito; bisognava spostarle per lasciare spazio al tavolo della colazione. Questo è stato il momento che ha portato spontaneamente alla condivisione dell’esperienza e vorrei citare, attraverso dei nomi, quello che è scaturito dal trattamento planetario:
– Patrizia: lacrime di commozione;
– Laura: allineamento totale della colonna vertebrale;
– Emanuela: svuotata e leggera come una seduta psicanalitica.
Il resto delle persone a bordo esprimeva la soddisfazione di essere stati insieme in quel modo, con un semplice grazie.
L’emozione della luce
La barca, nuovamente in movimento, ha diretto la sua prua per l’ultima sosta alla grotta del bue marino. Questo punto della costa è così chiamato perché lì, in tempi lontani, sostavano in totale sicurezza esemplari di foca monaca. È riconoscibile tramite un’arco che, a livello del mare, si inoltra all’interno della roccia fino a completare la sua profondità (50 mt), in una buia e minuscola baia di sabbia coralligena. Nello spazio intorno alla barca il mare, ormai illuminato dal sole, era talmente invitante che qualcuno ha deciso di rigenerarsi con un bel bagno. La conclusione di questo appuntamento era vicina, dovevamo prepararci all’arrivo al porto già animato da voci, rumori, persone e barche prossime a uscire per il giro diurno. Col suono delle campane avevamo dato voce all’alba. Sarebbe rimasta in noi l’emozione della luce e la suprema vibrazione di sentirsi cullati e avvolti da un’esperienza unica tra mare e cielo.
Nel Magazine n° 14
Questo articolo è inserito nel nostro Magazine, come sempre si può scaricare free ⇒ in PDF
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.