Biodanza e campane
La Biodanza
Nel 2021 ho conosciuto Claudia, un’insegnante di Biodanza. Il nostro approccio amicale, si è consolidato attraverso un trattamento sonoro con le campane tibetane. In quella occasione abbiamo deciso di sperimentare e proporre un incontro, Biodanza e campane tibetane, da effettuare nella yurta l’anno successivo.
Nel 2022 all’appuntamento contavamo 6 persone. La loro partecipazione e l’entusiasmo, ci hanno permesso di scoprire quanto il legame creatosi in quell’incontro esperienziale in combi- nata, aprisse la porta ad altre possibilità future. Così è stato: quest’anno il gruppo era formato da 12 presenze.
La sessione di Biodanza prevede due fasi, una teorica e una pratica. Nella prima vengono spiegati provenienza, ideazione e costrutti sui quali si fonda il metodo; nella seconda si propongono gli esercizi guidati. Il termine deriva da bios-vita e danza-movimento naturale, come senso originario della parola. L’ideatore fu un antropologo, psicologo, pittore e poeta cileno: Rolando Toro Araneda.
Rolando Toro
Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60, spinto dal desiderio di umanizzare la medicina psichiatrica, che usava solo metodi costrittivi e violenti, iniziò a sperimentare, in collaborazione con i medici dell’Ospedale Psichiatrico di Santiago del Cile, l’utilizzo della danza con i pazienti. I risultati furono sorprendenti: miglioramento dell’umore endogeno; diminuzione dei deliri e delle allucinazioni; aumento delle capacità di espressione e di relazione con gli altri; miglioramento della motricità nonostante l’assunzione di farmaci.
In seguito all’osservazione dei benefici apportati dall’utilizzo della musica e della danza con i malati, Rolando Toro iniziò a lavorare sulla strutturazione di un metodo basato sull’associazione musica, movimento ed emozione, con l’obiettivo di creare risposte psicofisiche ed emotive specifiche, capaci di indurre cambiamenti salutari nell’individuo. Nel 1970 biodanza, all’epoca chiamata psicodanza, divenne una materia vera e propria di un corso universitario dell’Università Cattolica del Cile.
Dopo il colpo di stato del 1973, Rolando Toro scappò in Sud-America e poi in Europa, dedicando gli anni successivi ad ampliare la sperimentazione di questa nuova disciplina, non più rivolta esclusivamente a persone malate, ma a quanti desiderassero sviluppare il proprio potenziale umano.
Dalla fine degli anni ’60 fino alla sua scomparsa, nel 2010, Rolando ha lavorato con biodanza, studiando e approfondendo il suo metodo in diversi ambiti: psicologico, antropologico, ma anche in quello della biologia e fisiologia.
Il sistema Biodanza
Partendo dal presupposto che nonostante tutto il progresso scientifico e tecnologico al quale l’uomo moderno è riuscito ad arrivare, soffre sempre più di stress, solitudine, depressione, malattie psicosomatiche… Rolando ha dedotto che queste limitazioni, siano causate da un allontanamento dai propri istinti e, sebbene in natura essi ci spingano verso ciò che ci fa stare bene, sono soffocati dagli impegni, la fretta, l’ansia… L’uomo non ha più tempo per ascoltarsi; abbiamo ritmi lontani dai nostri bisogni reali; non rispettiamo le necessità primarie (mangiare, riposarsi, muoversi in modo spontaneo); non ascoltiamo i segnali del corpo; viviamo insieme a tanta gente, ma ci sentiamo soli, non abbiamo più contatti con la natura, in pratica ci stiamo separando sempre più dalla vita.
Il sistema Biodanza aiuta a ri-connetterci con il motivo per cui esistiamo, non è una terapia, ma lavora sulla parte sana dell’individuo, stimolando le sue risorse. È la possibilità di danza- re la vita aggiungendo musica, ritmo, armonia, emozione, alla propria e a quella della comunità. Volendo schematizzare è un sistema di:
-integrazione umana, un processo che si attua mediante la stimolazione della funzione primordiale di connessione alla vita e ha un decorso graduale che avviene in tre fasi:
1) l’integrazione a sé, superando la dicotomia fra il sentire e l’agire in modo da ritrovare la propria unità psicofisica; 2) l’integrazione all’altro, riscattando il vincolo originario d’amore con la specie di cui facciamo parte; 3) l’integrazione con l’universo, recuperando il legame con la Natura e arrivare a sentirsene parte integrante;
–rinnovamento organico, espressione che fa riferimento all’effetto rigenera- tore del metodo e avviene utilizzando tecniche di rilassamento profondo che riducono lo stress e stimolano l’auto- regolazione;
–rieducazione affettiva, termine che allude alla capacità di relazionarsi agli altri attraverso una modalità affettiva e non competitiva e patologica;
–ri-apprendimento delle funzioni ori- ginarie della vita, che avviene attra- verso l’ascolto del proprio corpo e in- duce alla realizzazione delle personali pulsioni naturali.
Gli strumenti di questo metodo sono:
–la Musica: un linguaggio universa- le che nello specifico ha la funzione essenziale di evocare emozioni. Le musiche sono accuratamente scelte e studiate nei loro contenuti emozionali
e sperimentate con gruppi di etnie e culture differenti;
–il Movimento: si utilizzano movimenti organici (camminare, saltellare, stiracchiarsi, darsi la mano…). Non si insegnano passi di danza, ma movimenti naturali indotti dalla musica. Non occorre destrezza, ciascuno utilizza le proprie risorse personali, (anche le persone in carrozzina e addirittura senza alcuna motilità possono partecipare col canto, con la voce);
–il Gruppo: è il contenitore affettivo, ci sostiene e permette di sperimentarci.
In Biodanza esistono solo tre regole:
–nessun obbligo, ogni esercizio è una dimostrazione singolare che appartiene all’individuo; nessun giudizio, tutti uguali, senza giudizio, soprattutto su se stessi (siamo i nostri peggiori giudici e carnefici); nessuna parola, per non dare spazio a questa parte razionale del cervello.
La pratica Biodanza e Campane tibetane
La parte pratica, condotta con estrema chiarezza e serenità da Claudia, inizia, stando seduti, con un accoglienza e giro di nomi che, tenendosi per mano, va a formare un cerchio che abbraccia le due colonne che sostengono la cupola della yurta. Le campane sono già lì posizionate in attesa del loro compito da svolgere. Avendo lo spazio ridotto al rettangolo delimitato dai due pilastri e non volendone togliere ai movimenti dei danzatori, ho inserito nella campana di 12kg , una di 3 kg ammortizzandola alla base con un ring. Il risultato acustico è stato molto interessante, i suoni risultavano puliti e nitidi e anche la vicinanza delle campane tra di loro permetteva un rimbalzo di vibrazioni, in totale comunione, senza che ci fosse stonatura o disarmonia.
Accompagnate dalla musica e guidate dall’insegnante, iniziano le varie fasi di Biodanza.
È un progredire di movimenti vivaci e dinamici: ci si incontra, si cambia compagno, direzione… si viene invasi di al- legria, si sorride, in balia di una musica che non ti fa stare fermo. Nella parte centrale si continua nei vari esercizi scendendo gradualmente di tono. Si percepisce un addolcimento dei movimenti e si lavora alla ricerca di un equilibrio, per rispettare lo spazio dell’altro cercando di non sopraffarlo. Il completamento della sessione, durata 90 min, avviene attraverso il rilassamento. I corpi distesi sul pavimento con i piedi rivolti al centro in direzione delle campane, formano dei raggi di un ipotetico cerchio energetico.
All’esterno della yurta il giorno si congeda, penetra il buio…inizia il bagno di suoni…
DUE RIFLESSIONI DEL DOPO INCONTRO
Esperienza di fluidità, dolcezza e felicità data dallo scambio di piccoli gesti. Interagire con persone con le quali non hai confidenza per comprendere e captare il loro ritmo, fluire insieme nel movimento. Basta un tocco con l’altro e ti sintonizzi, vai all’unisono. Tutti suonano un ritmo diverso e speciale! Il pavimento in legno trasporta le vibrazioni delle campane, l’aria pure. Onde di suono riempiono la yurta e i corpi grati e abbandonati.
Esperienza eccitante e rilassante insieme, potente e rassicurante, respingente in qualche occasione, ma in definitiva straordinariamente unica. Per il posto, pieno di vibrazioni positive, per le persone accoglienti, per chi ha guidato l’incontro, sempre sorridente. Il luogo fisico ha una grossa importanza.: una yurta ha una fisicità imponente, se poi aggiungi anche le campane tibetane, fai quasi fatica a star dietro alle vibrazioni che ti entrano da mani, capo, persino piedi.
Grazie infinite e… arrivederci al prossimo anno!
Informazioni
L’articolo è inserito nel Magazine n°18. Come ogni volta, anche questo numero si può scaricare liberamente: ⇒ Magazine n°18 in PDF
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