Il giardino e la geometria
In questa soleggiata e nitida giornata di febbraio, seduta su un tronco d’albero e in compagnia del suono della campana, osservo con soddisfazione il “giardino geometrico” che sono riuscita a portare a termine.
Realizzare i desideri
È vero, le campane aiutano a realizzare i desideri e questo è stato uno dei tanti. Seguitemi nei passi che hanno portato al suo completamento.
L’idea e il luogo
La visita al giardino sonoro di S.Sperate ha lasciato in me un segno di profondo entusiasmo, insieme al desiderio di creare una zona da poter dedicare al suono, alla fantasia, alla riflessione, in completa empatia con gli elementi della Natura. La parte di terreno scelto, per realizzare il progetto, è costituito da una folta vegetazione di acacie che man mano, lascia il posto a quella relativamente bassa composta di ficus, yucche e palme. Grazie alla loro disposizione, gli spazi creatisi possono essere utilizzati per costruire il futuro percorso dei massi di pietra calcarea, sui qua- li posizionare delle sagome di figure geometriche in ferro. Questo luogo, nonostante la vastità, risulta raccolto e arrotondato dalla forma delle piante, le cui chiome tracciano una linea di confine verde col cielo. Alba e tramonto penetrano strisciando i loro colori e, al sopraggiungere della notte, lo spettacolo si trasforma in una silenziosa contemplazione stellare.
Il materiale
Le pietre hanno sempre avuto su di me un particolare fascino. Ne sono attratta e quando le trovo e le scelgo, cerco di utilizzarle riempiendo il giardino della loro presenza arcaica. Ne è dimostrazione la spirale energetica, di cui si parla nel Magazine n° 7, costruita con dei vecchi massi cilindrici, usati anticamente come pesi per la salatura del pesce. Piccole o grandi le impiego anche per perimetrare le aiuole, tracciare vialetti o per farne dei cumuli a ridosso dei vasi.
La geometria a Lampedusa
A Lampedusa, che è un’isola di pietra, ho trovato di che nutrire questa inclinazione. Sul territorio ci sono svariate e antiche cave che risalgono alla colonizzazione effettuata dai Borboni nel 1848. I primi coloni portati sull’isola, avevano bisogno di alloggi e furono occupati nel taglio di enormi blocchi di calcare, da impiegare nel- la costruzione delle case. Oltrechè nell’entroterra, vi sono cave anche in prossimità della scogliera. La più suggestiva è Cala Calandra. Dall’alto di un promontorio colpisce la luce bianco accecante della parete rocciosa che è a ridosso di un’esteso pianolo, dove sono situati gli scavi. Ricavata negli scogli s’intravede quello che è rimasto della ripida scala, sfruttata per trasportare via mare, con barche a remi, i blocchi di calcare. È un sito animato ancora della presenza di chi, lavorando quella pietra, la balata, ne estraeva, manualmente, enormi mas- si a forma di parallelepipedo. Questo accordo antico tra l’uomo e lo spirito della pietra, mi ha aiutato a scegliere il sostegno su cui piantare la figura geometrica. Volevo una base solida, terrena, che fosse ideale per sostenere una struttura in ferro in grado di ondulare e vibrare davanti alla furia del vento. Il compito delle forme è stato affidato alla rete elettrosaldata. Non ho troppa dimestichezza con questo materiale, per modellarlo bisogna usare attrezzi impegnativi ed essere prudenti. È stato un battesimo emozionale. Il timore di sbagliare il taglio del ferro, non ne avevo troppo a disposizione, la titubanza nel controllo degli arnesi, imbarazzo e dubbi sul fissaggio alla pietra, la gioia nella riuscita del modello, insomma, la scoperta di una materia sconosciuta, da trasformare, a contatto con le mie mani. “L’oggetto si espande oltre i limiti della sua apparenza, in virtù del fatto che sappiamo che la cosa è ben altro di ciò che il suo aspetto esteriore rivela ai nostri occhi”. Paul Klee
Il gioco
Le griglie geometriche sono montate, si scambiano le immagini riflettendo la luce che le attraversa. Anche il vento s’incanala, s’incunea, le lascia oscillare e, penetrando tra gli spazi ferrosi, se ne va. A prima vista non si notano, sono trasparenti e la vegetazione intorno e dietro di loro non subisce alcuna modifica alla visione. Avvicinandosi le forme sono evidenti e, spostando lo sguardo, si è circondati dalle silouette geometriche. Le figure disposte in senso circolare sono 6, a ognuna affido il compito di rappresentare un pianeta. Non c’è nessun riferimento a testi o autori che trattano l’argomento, è solo pura, libera, fantasiosa interpretazione. È il senso del gioco: “il dedicarsi ad attività piacevoli per divertimento o per sviluppare determinate qualità fisiche e intellettuali”. Mi lascio guidare dalla fantasia e così Giove è un ottagono, Saturno un quadrato, il rettangolo è assegnato a Mercurio, a Nettuno spetta il rombo, a Marte affido un triangolo col vertice in alto, simbolo maschile, a Venere quello col vertice in basso, il femminile. Senza essere confinato in una griglia il Sole, al centro, raccoglie in un contenitore rotondo la legna, che servirà al calore dei suoi raggi, il fuoco. La Luna domina dall’alto la scena ed è presente ogni volta che sopraggiunge la sera. La Terra, sulla quale posiamo i piedi, ospita tutti. Al di fuori del cerchio un tronco, sostenuto da due massi, funziona da seduta d’osservazione. Ai lati due grossi alberi secchi delimitano la zona: sono i guardiani del posto.
“La forma, anche se di carattere geometrico o astratto, ha un’eco interiore; si tratta di un’entità spirituale con effetti che coincidono in pieno con la forma stessa”.
Kandinsky
Il giardino e l geometria
Il compleanno del compagno di una cara amica, è stata l’occasione per riunire un gruppo di persone a vivere la parte di giardino dedicata alle figure geometriche. La giornata senza vento ha favorito la preparazione di un convivio, nello spazio adiacente ma visibile, al di fuori della zona di allestimento. L’allegria, il buon vino e gli stuzzichini messi a disposizione, non hanno permesso al freddo del tardo pomeriggio, di guastare l’incontro. I colori del sole al tramonto si affacciavano al di sopra delle chiome degli alberi e, allo scemare della luce, tutto il gruppo si è spostato nel cerchio magico, per l’accensione del fuoco. Il fuoco cattura l’attenzione, è azione, movimento, fa ritornar bambini. È legato a ricordi ancestrali di riti lontani che, grazie ai rami secchi di salvia, rosmarino, pino e alloro, ripropongono il culto della rinascita attraverso la loro trasformazione in cenere. Illuminati dalle fiamme i volti sorridenti dei presenti, lasciavano circolare una sensazione di piacevole accoglienza. Col suono della campana il tutto si coordinava, le parole si spegnevano permettendo che si udissero le note dello scoppiettio del fuoco. Nel buio della notte il posto viveva questo flusso positivo che, a tratti, faceva intravedere le figure stagliate sul bianco calcareo delle pietre. Ma il magnifico spettacolo l’offriva il cielo stellato: verso Sud la costellazione di Orione, verso Nord L’Orsa Minore. Mi sono profondamente emozionata! Ed è proprio nel ricordo delle emozioni-regalo della serata che, il giorno dopo, attraversando il percorso per giungere al giardino geometrico, ho ricordato come nell’antica concezione alchimistica, lo spirito della materia, vivesse all’interno degli oggetti inanimati come la pietra e il ferro. In questo gioco li ho fatti avvicinare ed ora sono là pronti ad adottare chiunque voglia godere di uno spazio di benessere.
“Forse la perdita più grande nella vita di una persona è la perdita della magia. La fedeltà all’infanzia è il rifiuto e la lotta per non perdere l’incantesimo”
Chandra Candiani
Nel Magazine n° 13
Anche questo articolo è inserito nel nostro nuovo Magazine, come sempre si può scaricare free ⇒ in PDF
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