L’inverno è la stagione in cui secondo la teoria dei 5 elementi lo Yin (l’oscurità e la stasi) domina sullo Yang (la luce e il movimento)
La teoria dei 5 elementi infatti attribuisce ad ogni stagione particolari caratteristiche fisiche, energetiche, emozionali, cromatiche…Nell’inverno troviamo l’elemento acqua. Gli organi di elezione sono reni e vescica, le emozioni prevalenti sono la paura ma possiamo più facilmente appellarci alla forza di volontà. Il gusto è salato, il colore è il nero, la direzione cardinale è il Nord.
Più in generale le caratteristiche dell’inverno sono il riposo, il freddo, l’umido, la lentezza, il genere femminile, la quiete. Le più antiche conoscenze dell’uomo rivelano sempre un fondamento comune, come comportarsi quindi per essere in armonia con questi elementi secondo lo Yoga?
Iniziamo la nostra sessione con la pratica di Bhuta Shuddi che scrolla via, mediante scuotimento progressivo di tutte le articolazioni, i ristagni energetici che si manifestano nel corpo fisico come rallentamento della circolazione periferica, rigidità delle giunture, indolenzimenti muscolari ecc.ecc…La paura è affrontata eseguendo simhasana, la posizione del leone, che sblocca i pensieri ansiogeni: seduti a terra a gambe incrociate espirare con forza e a bocca aperta. La lingua è allungata verso il basso e gli occhi sbarrati fissano il punto tra le sopracciglia.
Per la forza di volontà usiamo i sankalpa, le ripetizioni interiori che piantano i semi delle intenzioni nella mente subconscia. Scegliere un’affermazione positiva e poi ripeterla silenziosamente e con convinzione mantenendo le mani all’altezza del cuore nel mudra di Ganesh, (la mano sinistra è sotto, la destra sopra, si agganciano le prime falangi e si tira in direzione opposta col risultato di rimanere fermi). Il Dio Ganesh, divinità con la testa di elefante, ha la capacità di rimuovere gli ostacoli tra noi e lo scopo, come abitualmente e senza sforzo apparente un elefante rimuove ciò che gli blocca la strada.
Una pratica yoga calorosa bilancia il freddo atmosferico e attizza le braci del fuoco interno, aiuta la digestione, (intesa come metabolismo cellulare), elimina ama, cioè scarto, nutre lo spirito e porta l’attenzione all’interno. La tecnica di Agni sara kriya, fa proprio questo: si sblocca il diaframma in apnea vuota con ritmiche espansioni della gabbia toracica eseguite in piedi a gambe flesse con il busto piegato in avanti e le mani appoggiate sulle cosce. Ripetere almeno 5 volte.
Con questa pratica l’area stimolata è quella all’altezza dell’ombelico, dove l’anatomia sottile dello yoga colloca manipura, il terzo chakra e quella fisica, non a caso, il plesso solare. Si prosegue con kapalabhati, gli espiri sono prodotti da contrazioni “a cucchiaio” della parete addominale, il luogo dove secondo lo yoga viene conservata l’energia vitale. Le spinte fanno salire il diaframma verso l’alto, dal punto di vista fisico si stimolano cuore, polmoni, apparato digestivo e si puliscono le vie respiratorie
Per la Medicina tradizionale cinese la funzione di batteria energetica è svolta da reni e surrenali, che forniscono l’energia utilizzata per la “manutenzione ordinaria” e per le emergenze” come stress, malattia, vecchiaia…La posizione di Ustrasana, il cammello, attiva l’area dei reni e la sua controparte addominale, in più, eseguita dopo le flessioni in avanti, ne bilancia gli effetti favorendo l’apertura di cuore.
Dalla posizione in ginocchio con le mani appoggiate sulla parte bassa della schiena portare con l’inspiro lo sterno verso l’alto, dirigendo lo sguardo al cielo, mantenere almeno 10 respiri, concludere accovacciandosi in balasana, la posizione del bambino, seduti sui talloni con con il busto appoggiato sulle cosce e la fronte a terra. I piegamenti in avanti come pashimottanasana, la pinza, janu sirsana, la posizione della testa al ginocchio, sono la via per guidare la coscienza all’ascolto del proprio spazio interiore e insieme riequilibrare il sistema nervoso. Inoltre, attraverso l’allungamento della catena muscolare posteriore, liberiamo e distendiamo il meridiano della vescica che regola la presenza dei liquidi nel corpo.
Per la pinza: seduti a terra allungare le gambe unite davanti a sé, mantenere il busto a 90° e con l’espiro flettersi in avanti e in basso, mantenendo il petto aperto per evitare che la pratica si immelanconisca esacerbando stati d’animo come la paura e la tristezza. Per la posizione della testa al ginocchio si esegue la flessione in avanti con una gamba distesa e l’altra piegata con la pianta del piede appoggiata sulla coscia opposta. Un avvertenza importante: piegarsi guidando il movimento dal bacino per evitare stiramenti lombari, più facili in questo periodo dell’anno.
Concludere la sessione con shavasana la posizione del cadavere.
Come un seme nelle profondità della terra sdraiati a terra attraverso il rilassamento progressivo e nell’ascolto di ogni parte del corpo e del respiro si giunge all’immobilità, una stasi apparente dove l’attenzione può indagare gli effetti della pratica appena conclusa.
Seguendo l’inspiro ci si può espandere agli spazi che circondano il corpo, (sopra, sotto) e con l’espiro “ritornare a casa”, il proprio centro interiore.
Buona pratica!
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