Le molecole di suono
Il suono e il respiro
Fin da piccola, essendo asmatica, ho ritenuto il respiro importantissimo: modulava la mia giornata in bella o brutta e faceva di me una bambina che poteva giocare, senza soffocare, solo se l’aria entrava e usciva con facilità. Questo legame e il bisogno di renderlo il più possibile agevole, non si è mai interrotto. Ho cercato di mantenerlo con esercizi respiratori, yoga, tecniche di rilassamento con buoni risultati (anche se continuo a fare terapia farmacologica). Ogni mattina al risveglio sento il gusto del primo respiro cosciente, mi cullo in quest’onda prima di entrare nella giornata. Proprio pensando a quest’onda ho provato a respirare col suono della campana. Seduta sul bordo del letto, di fronte la finestra aperta e a occhi chiusi, tengo la campana a circa 20cm. dal petto. Ruoto il batacchio regolandolo alla respirazione: da destra verso sinistra, prossimale al corpo, nell’inspirazione e completo il giro, allungandone il tempo, nell’espirazione (dopo un po’ si stabilisce una “circolazione” naturale del respiro). Il gomito è in appoggio sulla cresta iliaca, o su un cuscino alto, la mano sostiene la campana con le dita ben distese come se offrisse un dono. La sensazione di pacatezza mi avvolge, le “molecole di suono” che rimbalzano nella coppa si muovono, si aggregano, si costruiscono in un cono saltellante dirigendosi verso il naso. Continuando a respirare ho la percezione che entrino percorrendo le vie dell’aria e sfiorino le pareti, creando la voglia di inghiottire. La mano di sostegno rimanda la vibrazione al centro del palmo, alle dita, al polso. Si crea il legame tra le braccia e il punto di produzione del suono, la fucina dove le molecole vengono prodotte per essere utilizzate. Sono uscita da questa esperienza sicura del respiro con i polmoni ampi ed elastici, tanto da dimenticare di fare la terapia giornaliera per l’asma (Non è un’indicazione terapeutica perché continuo a farla). Potrebbe essere un invito a riprovare!
Il suono della campana
Ho accettato l’invito e spinta dal beneficio riportato ho creato un programma che mi ha accompagnato, finora, per un mese. Ogni mattina, prima della colazione, dedico circa 10 min. alla respirazione con la campana e 5 min. alle vocalizzazioni. La scelta della campana si è indirizzata su quella grande (Kg.2290), certo è un bel peso ma ho già spiegato come ammortizzarlo (con quella media l’effetto per me è ridotto!). In questa pratica, spontaneamente, sono subentrate delle modificazioni che di volta in volta ho appuntato, con l’intento di formare dei tasselli utili al completamento di un “puzzle” di conoscenza. È sicuramente soddisfacente constatare tutte le novità e possibilità che offre, il fatto di re- spirare e suonare in sincronia. È una ricerca, un viaggio interno alla scoperta dei dettagli, anche minimi, che migliorano l’attenzione su come si muove ogni parte fisica preposta alla funzione respiratoria. Il lavoro della campana, attraverso suono e vibrazione, amplifica questa funzione e crea la giusta distensione, affinché la mente abbia un ruolo minimo e ristretto alla gestione dell’esercizio. Respirare solo col naso è una grande conquista. Facendo attenzione ci si accorge che l’aria, entrando nelle narici, si distribuisce su tre vie e, grazie alle cellule sensoriali, ognuna con una particolare peculiarità.
Il suono in tre note
Mi sono permessa di dividerle in 3 note: alta, media, bassa. La prima attraversa il condotto nasale in alto e fa arrivare per prima lo stimolo odoroso al bulbo olfattivo. Per percepirne l’attività si può eseguire l’esercizio di sollevare, in inspirazione, le “alette” delle narici come fanno i cani, i gatti, i cavalli… e come facevano i nostri antenati preistorici. Questa nota rende l’aria inspirata più frizzante e arriva direttamente alla radice del naso. La nota media si apre a metà narice, l’aria entra e dà la sensazione di espansione sulla linea degli zigomi, la glottide si chiude leggermente per evitare che la nota alta venga coinvolta più del dovuto. Questa modalità influenza l’orecchio medio e interno, creando un movimento e un massaggio nella sua struttura, ritengo sia utile nei ristagni di muco e secrezioni nel condotto uditivo. La nota bassa, la terza via, è quella che da raffreddati non ci fa sentire i sapori, si può percepire aprendo e chiudendo la glottide, mantenendola ampiamente aperta l’aria inspirata entra nella faringe e scende, dando la sensazione di essere inghiottita.
A queste vie si possono associare i tre spazi respiratori corrispondenti:
• Apice polmonare – nota alta
• Zona medio laterale – nota media • Base polmone – nota bassa.
Per quel che riguarda l’apparato respiratorio il direttore d’orchestra è il diaframma, essendo un muscolo la sua mobilità è alla base del respiro, permette l’attività polmonare e cardiaca, massaggia i visceri, agisce da spartiacque per le funzioni tra il sopra e il sotto del corpo. Ritornando all’esercizio, l’uso delle tre vie, mi sono servite per aumentare l’ampiezza polmonare, esercitare la percezione degli odori, del suono, immaginare di respirare le “molecole”, riempiendomi idealmente di tutto ciò che necessita alle cellule del mio corpo. Questa sensazione di pienezza gioca un ruolo fondamentale nella mia giornata, mantiene la testa sgombra e leggera, il respiro è soffice, delicato e il buonumore è garantito.
Una delle tante possibili varianti:
tappi nelle orecchie: la vibrazione è la stessa, il suono della campana ovattato, si percepiscono i suoni interni e l’aria che entra invade tutti gli spazi. Un’insieme di sensazioni che si dirigono verso una conoscenza più profonda.
Informazioni
Questo articolo si trova nel Magazine n° 17. Come ogni volta, anche questo numero si può scaricare liberamente: Magazine n°17 in PDF.
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