Risuonare tra pietra e metalli
La prima volta che mi fece ascoltare il suono della pietra, fu per me un’autentico stupore
Pinuccio Sciola
Eravamo nel giardino grande e mi disse di poggiare l’orecchio in un punto di un grosso monolito tagliato a fettine, perché avrei sentito qualcosa d’incredibile. Fu davvero così. Appoggiai l’orecchio e sentii montare, dall’interno della pietra, un suono di cui non conoscevo la natura, qualcosa di remoto ma anche di legato alla musica contemporanea”.
Questo è quello che raccontava il foto- grafo Pablo Volta parlando del suo grande amico Pinuccio Sciola, lo “scultore contadino”, originario di San Sperate in provincia di Cagliari. È proprio in questo piccolo paese sardo che, scolpendo la pietra nel frutteto di famiglia, egli ha realizzato un giardino sonoro: un museo a cielo aperto dove sono custodite, immerse tra aranci e piante aromatiche mediterranee, più di 700 opere scultoree di cui alcune monumentali. Seguendone il percorso ci si imbatte in sculture architettoniche arcaiche e moderne al tempo stesso. Pietre incise in linee che s’incrociano simmetricamente, talune in tagli modulari a scacchiera, altre in eleganti segmenti verticali che le rendono, in alcuni casi, trasparenti ed elastiche.
La materia lavorata
La materia lavorata e linearmente lacerata diviene un vero e proprio strumento musicale che produce, al tatto di una mano o di un sasso levigato, un suono che si riverbera nell’aria liberando lo spirito imprigionato all’interno. Vagare tra questi monoliti sonori è un essere fuori del tempo e ci ricollega alla leggenda del figlio di Zeus, Anfione, che grazie all’armonia dettata dalle corde della sua lira, fu protagonista del mito fondatore della città di Tebe. Nello stesso modo il giardino di Sciola si compone per farci ascoltare la voce della natura, anche quella più muta come la pietra, che sotto le sue mani amorevoli si trasforma, si evolve e acquisisce capacità comunicative. La pietra è la materia tra le più difficili da manipolare e in genere il solo suono che siamo abituati a produrre da lei è attraverso la percussione, il battere con o senza un oggetto. Ma un giorno Pinuccio scopre che le pietre hanno un’anima e con tagli profondi, fenditure che s’intersecano, mostra come risvegliare e domare le armonie dormienti della terra. Un viaggio sensoriale unico dove le trame incise si sovrappongono agli intrecci melodici che da esse emergono. Sonorità fluide e sinuose, come nel caso delle pietre calcaree originate dai depositi marini, o di suoni ruvidi, marcati e profondi, come quelle delle rocce basaltiche di natura magmatica. In questo contesto la relazione con il Creato è completa: la pietra è composta della materia contenente il segreto stesso della creazione.
I quattro elementi
Qui i quattro elementi, Aria, Acqua, Terra, Fuoco, coesistono in un’unica forma primordiale. Rocce sedimentarie e laviche, plasmate dalla mano sapiente e sensibile dell’uomo, portano dalla terra la memoria sonora dell’acqua e del fuoco, ed è grazie a questo architetto di suoni, che lasciano migrare, attraverso l’aria, l’essenza della pietra al cielo rendendola eterea e leggera. Pinuccio Sciola è uno scultore di musica e la sua opera gli ha consentito di parlare un linguaggio universale che evoca innumerevoli mondi, nuovi spazi all’interno dei quali ci si ritrova semplicemente umani. Un’opera vissuta e sentita come scavo nel reale, nel mondo denso di una storia arcaica che ci circonda.
La geometria delle forme
È la geometria delle forme che Pitagora definisce musica solidificata; il suono delle origini, dello spazio siderale, delle stelle, dei pianeti che con i loro 7 metalli danno forma a un’altra materia sonora: la campana tibetana. Questa assonanza è stata lo stimolo a partecipare alla mostra organizzata al Castello di San Michele a Cagliari, in memoria di Pinuccio Sciola. Dopo aver visitato le zone di esposizione in un percorso emozionale e cognitivo, in cui i suoni e le forme dialogano in armonia con la forza vitale della Madre Terra, ho chiesto alla responsabile di poter suonare la campana in una parte più isolata e circoscritta. Questo desiderio di osservare e udire come le vibrazioni sonore del mio strumento potessero entrare in risonanza con la bella pietra bianca ed elegante che mi aveva scelto ha stimolato la curiosità del personale addetto alla mostra.
Risuonare insieme
Tre di loro si sono uniti per partecipare all’esperimento. Dalla grande finestra, di cui era dotato l’ambiente, si diffondeva una luce che inondava e rifletteva, sul monolite posto al centro, una luminosità regale. Emozionata e palpitante ho avvicinato la campana alle sottili lamelle intagliate e ho cominciato a suonare. Stupore e meraviglia sui volti dei presenti mi dicevano che eravamo entrati nella bolla sonora della materia vibrante. Il suono grave della campana, attraversando le fessure della pietra, si addolciva come un litofono e lasciava circolare una sensazione di pace e appagamento che tutti hanno percepito, rendendo intimo e gradevole questo intenso momento vissuto insieme. Per ringraziare e congedarmi da loro, ho fatto un giro di campana a ognuno, lasciando aperta la possibilità di poterci un giorno rivedere.
Il Giardino Sonoro
Il passaggio d’obbligo di questo appassionante viaggio, è stato visitare il Giardino Sonoro. Nella prima parte di questo scritto, aiutata dalle pubblicazioni della Fondazione Sciola, ho illustrato ciò che si può trovare entrando in questo luogo. Esserci però è un’altra cosa e solo le parole del suo ideatore possono darne il giusto significato: “Le mie sculture per ora sono qui, nei luoghi in cui le ho piantate perché mettessero radici e tornassero a vivere. Un giorno che non conosco, spero tornino all’Universo che le ha generate”. La cordiale guida che riceve i visitatori li introduce in questo spazio, inaspettato e carico d’energia, con la biografia affascinante e poliedrica del suo creatore. Nelle soste del percorso spiega la modalità con cui è arrivato a produrre il suono dalla pietra ed esegue delle dimostrazioni sonore, facendo anche vedere come, toccando la parte superiore intagliata dei monoliti calcarei, le sottili lamelle comincino a vibrare. Completata la spiegazione sui suoni dei diversi materiali, lascia ognuno libero di esplorare il giardino per sperimentare personalmente lo stupore che questo luogo trasmette.
La presenza della campana
Nel mio giro la presenza della campana dava una nota in più all’esperienza. Alternavo i suoni delle due materie, pietra e metallo, ricercando le sfumature che si creavano. Toccavo e tamburellavo sia l’una che l’altra ritrovandomi a giocare con la creatività, a ricercare nel suono di questi due materiali, un sospiro nascosto e vitale. Osservavo i giganti sonori che, accogliendo la mia ciotola, lasciavano penetrare il suo suono all’interno di essi. Percepivo il calore di un abbraccio. In questa dimensione sconosciuta, vivevo uno stato di meraviglia e avvertivo un’esaltazione dei sensi stimolati alla gioia. La presenza della campana, che vibrando con le pietre scolpite amplificava le percezioni, mi lasciava immaginare e sognare come sarebbe stato straordinario, in questo giardino così profondamente spirituale, un raduno di campanari. Questa idea sarebbe piaciuta a Pinuccio Sciola che avrebbe sicuramente accolto, nel suo mondo sonoro, tutta la Compagnia del Carro.
Un’idea per risuonare insieme
Un’idea, un desiderio che si potrebbe sviluppare, trasformandolo in un regalo a noi e a colui che è riuscito a svelare al mondo la magia del suono della pietra.
Magazine n°12
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