Il Silenzio, uno spazio che attende il suo suono
Il suono e il silenzio
Il suono quando prende vita dal silenzio, è un’apertura dalle profondità di noi stessi. Volgere lo sguardo al nostro Sentire interiore e al suo silenzio per Esprimere, portare fuori la nostra autenticità nell’atto di respirare, parlare, vocalizzare. Anche fuori di noi i suoni prendono vita dal silenzio e possono per questo essere considerati i testimoni della nostra realtà. Quando si colpisce una materia sonora, camminiamo fra le foglie ingiallite di un viale in autunno, percuotiamo qualcosa, posiamo una posata sul piatto vuoto della nostra gustosa pietanza, invitiamo la nostra campana a suonare o suoniamo uno strumento musicale, l’evento sonoro che ne scaturisce testimonia l’istante presente in quell’atto, che sembra dire “sono il suono che è qui in quest’istante” e noi stessi potremmo con esso dire la stessa cosa “Sono, il suono che è qui in questo istante”. Prestare attenzione al suono che nasce dal silenzio è un atto di presenza.
Il silenzio affina l’attenzione
Il silenzio affina l’attenzione, cambia la polarità che abitualmente ci rende attivi (+) verso l’esterno con i nostri pensieri assordanti che spesso attirano soltanto il negativo della nostra emissione. Siamo da questo punto di vista più “emissivi”(+) che “ricettivi” (-), spesso nel fare, nell’imprecare, dimenticandoci di Essere. E con questa fanghiglia egoica spesso carica più di personalità che di Anima perdiamo di vista un lato importante della nostra parabola biologica, la bellezza del ricevere. Un ricevere che si attua dentro di noi quando ci accingiamo al silenzio, un attingere alla pura essenza, da donare al mondo, che ci predispone chiaramente anche al ricevere gli eventi esterni, non subirli o lasciarci coinvolgere. Vi è una sottile ma palpabile differenza in questa scelta di termini. Dovremmo impara- re a dedicarci dei momenti di passività silenziosa in cui sperimentiamo l’”Essere”, in cui la polarità si inverte e diventiamo più ricettivi (-) rispetto alle energie che ci abitano, le forze “altre” che troviamo dentro di noi o se vogliamo dal cielo che ci abita, il nostro Sole nel Cuore. I nostri momenti di silenzio ricettivo, renderebbero più pura la nostra Emissività della vita di tutti i giorni, una carica di luce benefica, il nostro (+) diverrebbe una carica positiva di luce e Volontà di Bene. Nel silenzio si medita, nel silenzio si ascolta, e dall’ascolto può scaturire un suono.
Una campana
Quando si suona una campana ci si raccoglie in un silenzio colmo di attenzione e predisposizione all’ascolto. La campana stessa è una cavità vuota e silenziosa che attende di accogliere il suo suono. Ed in questo nostro silenzio che si specchia con il vuoto della campana, ecco che si invita la campana a suonare e il suono emerge. Può invaderci un impulso e una volontà di fonderci con quel suono e allora nasce spontanea la necessità di iniziare ad imitarlo, e si può iniziare a vocalizzare su quel suono, cercarlo, trovarlo, finché non diventiamo quello stesso suono, non diventiamo uno stesso suono, tendiamo all’UNISONO. Ecco che l’atto sonoro, diventa un atto di relazione. Una relazione, può nascere da uno sguardo, una stretta di mano, ma nel- la condivisione di un suono l’atto di relazione diventa qualcosa di vero, delimita uno spazio. Se una persona emette un suono, l’altro soggetto tende ad imitare lo stesso suono, se questi ha intenzione di instaurare una relazione. La ricerca dell’unisono come atto spontaneo, o come atto da ricercare è un tentativo più o meno cosciente di entrare in relazione e risonanza con l’altro. Se parlassimo ad un certo tono di voce con il nostro interlocutore, questi tenderebbe a seguirci o imitarci, potremmo calmarlo, agitarlo, se il nostro tono è calmo o agitato. Se emettiamo un suono, tendenzialmente l’altra persona tenderebbe ad imitarlo, la sua predisposizione naturale (in relazione poi alle qualità e le predisposizioni personali di ognuno) lo spingerebbe a farlo proprio fino a farlo simile, uguale. Si crea così un legame, un primo legame appunto un UNISONO fra i due, un po’ come con la campana. Quando due musicisti iniziano a suonare cercano nell’unisono (per convenzione un LA) di entrare in relazione, per accordare letteralmente gli strumenti per poi iniziare a suonare, insieme.
Nel Nada yoga
Nella tradizione del Nada Yoga la nota individuale che contraddistingue ogni individuo, non è altro che la nota (che risuona fisicamente sotto l’ombelico), che ha suonato all’Unisono con quella che hanno emesso i nostri genitori già al momento del concepimento ed ha attratto la nota della nostra anima in incarnazione. Nasciamo quindi dall’emissione di una nota all’unisono con quella di chi ci ha voluto al mondo.
L’Unisono è il primo degli intervalli del Suono che, appena emesso, ripete se stesso, vibra con se stesso. A rigore, questo non può definirsi un vero e proprio intervallo, poiché non ha duplicità, eppure è il vero generatore di tutti gli intervalli. In effetti, all’inizio nulla è all’infuori di Lui e, per dar origine al creato, al mondo dei rapporti, Esso non può che porsi di fronte a Se stesso.* Con questo gesto di affermazione potente si dona totalmente alla creazione, accettando di essere infinitamente limitati dalle forme. Se diamo al suono originario il valore numerico 1, il suo primo intervallo, l’Unisono, è dunque l’1/1. C’è una sostanziale differenza fra 1 e 1/1, pur se il valore numerico è quantitativamente identico. Il primo rappresenta il Tutto in sé perfetto, il mondo dell’Essere, mentre dal secondo scaturisce il Divenire. L’unisono è dunque la causa prima; l’origine manifesta. (the planetary system)
Ed ecco che il nostro silenzio tende al l’1 quando vuole esprimersi, e nell’atto di mostrarsi fuori guardando se stesso nell’altro crea un’unisono 1/1. Li dove vi è fusione vi è unità con il Tutto che pervade ogni cosa, quel brusio silenzioso, colmo del Tutto. Ma, non è forse il SILENZIO stesso, un tendere al risuonare all’UNISONO e in RELAZIONE con il Tutto?
Nel Magazine n° 13
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